mercoledì 2 febbraio 2011

Giorgio Massari, l'ultimo grande architetto della Serenissima

Sulla vita di Giorgio Massari esistono poche notizie, nonostante possa essere considerato l'ultimo grande architetto della Repubblica di Venezia, attento non solo alle costruzioni maggiori come chiese e palazzi, ma anche a quelle minori come cori lignei (Gesuati), confessionali e armadi da sacrestia (San Marcuola) e cancellate così raffinate da sembrare un merletto (Cantorie della Pietà).
Il Massari nacque a Venezia il 13 ottobre 1687 a San Luca da Stefano marangon (falegname) e Caterina Pol. Ebbe una certa istruzione, ma non si conosce come sia stato il suo esordio in architettura. Il primo fra i suoi committenti fu Paolo Tamagnin, ricco commerciante che abitava in Campo San Paternian, per il quale Giorgio costruì una villa ad Istriana nel 1712. Tra i due nacque una forte amicizia e quando il Tamagnin morì, nel 1734, lasciò alla moglie, Pisana Bianconi, solo l'usufrutto del capitale e nominò erede universale il Massari; inoltre gran parte delle rendite doveva essere accantonata per raggiungere la cifra di centomila ducati al fine di ristrutturare la Chiesa di San Giovanni in Bragora.
Nel 1735 Massari sposò la vedova cinquantaseienne del Tamagnin e andò a vivere nella sua casa alla Bragora. Si crede che il matrimonio sia stato il coronamento di un vecchio amore tenuto nascosto per anni.
Rimasto vedovo nel 1751, senza figli, il Massari trascorse una vecchiaia non facile a causa di numerosi acciacchi: lo si intuisce dall'inventario dei suoi beni personali, tra i quali un elenco di spese con un passivo di ben 70 ducati per medici e medicine. Nonostante le difficoltà fisiche, la sua attività si protrasse fin quasi alla morte, avvenuta il 20 dicembre 1766.
Il Massari fu un architetto stimato, pur nella sua semplicità e spontaneità. Non era particolarmente erudito, ma era un attento e preciso osservatore delle opere dei grandi maestri come Palladio, Sansovino e Longhena. Fu sempre pronto ad accettare consigli e non fu mai avido di denaro.
Fu però anche invidiato da certi suoi colleghi; così scrisse il Temanza di lui: "Il superbo e maligno Massari, ma dovrei dire l'ignorante asinaccio. Uomo tolto dall'umile professione di legnaiolo e per sola fortuna innalzato alla stima di celebre Architetto".

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