lunedì 2 maggio 2011

Banchetti di Stato della Repubblica Serenissima

Nel Rinascimento la questione della tavola è centrale sotto il profilo politico, essa infatti travalica il semplice atto del mangiare e diventa una manifestazione di prestigio, inscenata per impressionare l'ospite, per far comprendere la vastità delle sue ricchezze, per aumentare il potere di chi organizza il convivio. Il banchetto quindi è scenografia, coreografia, finzione, spettacolo. E' arte raffinata che unisce intrattenimento, cibi ricercati, preparazione della tavola, per appagare allo stesso tempo occhio, palato e mente.
In particolare nelle festività pubbliche, Venezia costruisce un cerimoniale specifico studiato nei minimi dettagli. I banchetti tradizionali offerti dal doge nell'arco dell'anno sono cinque. Innanzitutto, San Marco, festeggiato il 25 aprile con un menù rituale costituito da una tenera primizia che il principe ha il privilegio di assaggiare per primo: si tratta dei piselli, presentati sotto forma di risi e bisi (riso con piselli) o di bisi con persuto (piselli con prosciutto). Quaranta giorni dopo Pasqua cade la Sensa (Ascensione), che si apriva con un antipasto di zuche confete (zucca caramellata) accompagnate da malvasia muschatella (vino greco dolce).
Queste due festività vengono onorate ancora oggi a Venezia, e da qualche anno sono tornati in auge i risi e bisi preparati alla vecchia maniera. Si è completamente persa traccia invece delle altre tre ricorrenze: Santi Vito e Modesto, il 15 giugno, di cui rimane il ricordo di un "pranzo bellissimo di pessi" offerto dal doge Andrea Gritti nel 1532; San Girolamo, il 30 settembre, nel corso della quale venivano conferiti ai patrizi alcuni importanti uffici della Repubblica; mentre sul quinto banchetto c'è incertezza: Giustina Michiel Renier nel suo libro "Origini delle feste veneziane" parla di Santo Stefano, Giuseppe Tassini di San Lorenzo.
Oltre a questi banchetti sono da ricordare i ricevimenti speciali in occasione di visite di sovrani e di ambasciatori, presso il Palazzo Ducale. Il tavolo preparato per queste occasioni è di forma ovale e gli invitati appartengono ai vari rami del governo e del corpo diplomatico, ma proprio per dimostrare che ci troviamo in una repubblica, il popolo non viene privato del diritto di assistere come spettatore a queste mense. I cittadini però si ritirano dopo il primo servizio: un usciere scuote le chiavi e quello è il tacito segnale della partenza, mentre al loro posto subentrano i musici. Terminato il banchetto, gli scudieri di palazzo presentano ad ogni convitato un paniere di dolci, mentre il doge si alza, si commiata e si ritira negli appartamenti privati.
Una curiosità: all'epoca era abitudine servirsi di posate personali, portate da casa, per praticità o per paura di essere avvelenati. A tavola, ambasciatori e personalità sono serviti dal proprio domestico, incaricato di riportare a casa la cassetta contenente posate e bicchiere facenti parte del coperto. Il nome deriva dal tovagliolo messo su tutto, e spiega l'origine della voce che ancora oggi troviamo nel conto del ristorante.

(fonte: C.Coco)

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