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lunedì 19 marzo 2012

L'avventura della seta a Venezia

In Campo dei Gesuiti, al civico 4877, aveva sede la Scuola dei tessitori di panni di seta, i cui santi patroni erano la Vergine Annunciata e San Cristoforo.
E' difficile stabilire in quale data ebbe inizio l'arte serica a Venezia, Una leggenda narra che durante il dogado di Vitale Falier (1084-1096), l'Imperatore Enrico IV fu in visita a Venezia e tra i suoi accompagnatori c'era un certo Antinope, un sarto greco che aveva confezionato il mantello dell'Imperatore. Il manufatto era di rara bellezza e fu apprezzato anche dal doge stesso. Durante il suo soggiorno a Venezia, Enrico IV si infatuò di una dama veneziana, Polissina Michiel, alla quale fece dono di un mantello simile al suo. E così la seta fu conosciuta in città.
Al di là della leggenda, si sa che in realtà tale tessuto era già noto, ma non si lavorava a Venezia. Sicuramente l'arte serica fu introdotta nella Serenissima dopo la conquista di Costantinopoli (1204) e la Corporazione dei samiteri ebbe il primo statuto nel 1265. Il nome samiteri deriva da sciamitum, il tessuto di seta più pregiato e diffuso nel Duecento. Il lavoro si svolgeva sotto forma d'artigianato domestico, ma la merce prodotta non poteva essere venduta direttamente al cliente, doveva invece essere ceduta prima ad un mercante.
Per ogni tipo di tessuto serico era fissata la dimensione delle pezze, il tono e l'intensità del colore che doveva essere costante per tutta la pezza, e i tessuti ritenuti difettosi erano bruciati sul Ponte di Rialto.
Il setificio veneziano ebbe un notevole impulso con l'arrivo dei maestri lucchesi. Lucca era il centro più fiorente di drappi di seta, con ben tremila telai, ma il saccheggio della città nel 1314 per opera dei Ghibellini, costrinse alla fuga molti artigiani, i quali trovarono rifugio a Venezia. portando con sé oltre alla cultura serica anche l'arte del velluto.
La produzione tessile a Venezia raggiunse il suo apice nel 1400, con ben quattromila telai. I lavori erano raffinati e ricercati, con disegni a volte realizzati da grandi artisti locali, come Jacopo Bellini.